videoregistrazione dell’incontro-testimonianza
Per amore del futuro. Educare oggi
svoltosi il 4 ottobre 2025 presso il Centro Paolo VI, Barzanò (LC)
Con Eraldo Affinat.
in collaborazione con Liceo Linguistico G. Parini – Barzanò
Appunti dell’incontro
Educare per amore del futuro: l’incontro con Eraldo Affinati
Un intenso pomeriggio di riflessione sull’educazione ha animato il liceo Parini di Barzanò, dove lo scrittore e educatore Eraldo Affinati ha condiviso con genitori, insegnanti e studenti la sua visione dell’insegnamento, nata da quarant’anni di esperienza nelle scuole e dal lavoro quotidiano con i ragazzi immigrati.
Vivere a fondo perduto
Uno dei concetti centrali emersi dall’incontro è quello del “vivere a fondo perduto”. Affinati ha spiegato come i nostri rapporti siano troppo spesso basati su una dimensione retributiva: “Io ti do e tu mi dai”. Invece, secondo l’educatore, dovremmo riuscire ad affermare un rapporto diverso: “Credo in ciò che faccio, credo nell’azione in cui mi impegno e non voglio ricavare niente di immediato. Il mio ricavo è già nel fatto di essere qui”. Questa modalità esistenziale, secondo Affinati, è l’essenza stessa dell’educazione. Il vero educatore non pensa al riscontro immediato, al programma da svolgere o alla mansione da realizzare, ma si butta nell’azione in cui crede profondamente.
L’eredità di don Milani
L’ispirazione di don Lorenzo Milani emerge costantemente nel lavoro di Affinati. Il priore di Barbiana ha incarnato questo principio quando, figlio di una famiglia privilegiata e colta, scelse di mettersi dalla parte degli ultimi, compiendo “una rivoluzione dentro se stesso”. Particolarmente significativo è il gesto con cui don Milani, arrivando a Barbiana, si comprò la tomba: “Sin dall’inizio aveva dato tutto”, racconta Affinati, sottolineando come questo non debba essere visto come un gesto eroico irraggiungibile, ma come l’esempio di un essere umano che ha cercato di realizzare i valori in cui credeva.
Lo scopo profondo della scuola
“Lo scopo della scuola non è trasmettere nozioni”, afferma con decisione Affinati. Certo, le nozioni vanno trasmesse, ma limitarsi a questo significherebbe tradire il vero compito educativo. La scuola deve “consegnare il testimone”, passare il patrimonio del passato alle nuove generazioni, ma nel farlo lo rinnova, perché ogni generazione è diversa. Il compito fondamentale è formare la coscienza del futuro cittadino: “Quando formi la coscienza di uno scolaro hai una grande responsabilità. Quello che tu dici come docente, quello che tu fai soprattutto, può incidere profondamente nella percezione dei ragazzi che hai di fronte”.
Il maestro interiore
Citando sant’Agostino, Affinati parla del “maestro interiore” che ognuno di noi possiede: una passione distintiva, un’attitudine innata che spesso è sconosciuta anche a noi stessi. La scuola deve aiutare a scoprire questo maestro interiore, essere un esploratore che va a vedere cosa c’è dietro ogni singolo ragazzo. Per fare questo, l’insegnante deve essere “molto saldo dentro di sé, molto equilibrato come adulto”, capace di conquistare la fiducia dei ragazzi e di trascinarli verso obiettivi che loro stessi non hanno ancora visto.
Il villaggio educativo
Un altro pilastro del pensiero di Affinati è l’idea del “villaggio educativo”: “Un insegnante può essere bravo, carismatico, capace, appassionato, quanto vuole, ma se resta da solo di fronte ai ragazzi rischia di fallire”. Il villaggio educativo è l’unione della scuola con le famiglie, con le agenzie educative, con la società tutta. Se si creano divergenze tra famiglia e scuola, l’educazione diventa impossibile. I ragazzi hanno bisogno di percepire un’alleanza, un voler bene condiviso che li accompagni nella crescita.
La scelta e l’autonomia
Sul tema della scelta, Affinati propone un’immagine potente: “Immaginate un albero in cui ci sono rami secchi e rami fioriti. I rami secchi sono destinati a cadere, i rami fioriti sono belli, rigogliosi. La vera scelta non è fare a meno dei rami secchi che sarebbero comunque caduti. La vera scelta è quando tu fai a meno e tagli un ramo fiorito dentro di te”. La vera scelta è dolorosa, implica rinuncia e sacrificio. Ma è preferibile scegliere, anche rischiando di sbagliare, piuttosto che rimanere in uno stallo esistenziale. E quando arriva il momento dell’autonomia del ragazzo, l’educatore deve non solo accettarla, ma amarla, anche se questa lo mette “sotto scacco”.
L’esperienza della Penny Wirton
Dal 2008, insieme alla moglie Anna Luce Lenzi, Affinati ha fondato la scuola Penny Wirton, che oggi conta 65 sedi in tutta Italia. È una scuola di italiano per immigrati completamente gratuita, basata sul rapporto uno a uno: 60 immigrati, 60 volontari che si occupano di loro. Questa esperienza ha dimostrato come l’educazione possa essere un “laboratorio antropologico”, capace di trasformare non solo gli studenti ma anche i volontari, aiutandoli a cambiare prospettiva e modo di porsi rispetto agli altri. Come ha raccontato una volontaria: “Prima avrei istintivamente evitato un uomo bengalese per strada. Da quando sono con voi, ho capito chi sono queste persone”.
Libertà e limite
Sulla rivoluzione digitale, Affinati mette in guardia: spesso si confonde l’informazione con la conoscenza. Avere accesso immediato alle risposte non significa conoscere. La conoscenza richiede approfondimento, verifica delle fonti, passaggio attraverso l’esperienza personale. Cruciale è il concetto di libertà: “Tutti i grandi maestri del ‘900 ci hanno illuso dicendo che essere liberi significa superare il limite. Invece la vera libertà è l’opposto. Uno è veramente libero quando accetta il limite”. Le parole non sono libere, sono “incatenate” alla nostra esperienza e responsabilità.
L’autenticità nella relazione educativa
Affinati insiste molto sul concetto di autenticità: porsi in modo autentico con i ragazzi, con gli “ingranaggi scoperti”, senza barare o coprire le carte. “Se tu fai questo non hai più bisogno di un provvedimento dall’alto. Questo rapporto di fiducia che bisogna creare, che è difficile, è un lavoro da fare insieme, ed è il segreto di tutto”. E cita ancora don Milani sull’insegnamento come “mestiere dei fiaschi”, mestiere degli errori: “Se non sbagli non sei un vero insegnante”. L’insegnante che fa sul serio non può aspettarsi che tutto funzioni sempre: l’errore è parte costitutiva del mestiere educativo.
Per amore del futuro
Il titolo del suo ultimo libro, Per amore del futuro educare oggi, sintetizza questa visione. Ispirato da un verso di Vittorio Sereni dedicato ad Anna Frank – “L’amore è di dopo ed è più grande ed è dei figli, impara” – Affinati sottolinea come i figli “abbiano sempre ragione, tra virgolette, perché comunque saranno loro a proseguire la corsa”. Anche quando sembrano in crisi, recalcitranti o lontani, i giovani incarnano “una passione di vita e una sacralità dell’esistenza” che l’educatore deve non solo accettare, ma amare. Educare significa credere nel futuro che i propri studenti rappresentano, coltivare una “vegetazione affettiva” che coinvolga l’intero territorio in un bene comune.
L’incontro si è concluso con l’invito a creare e custodire questa alleanza educativa, questa “compagnia vocazionale” che unisce insegnanti, genitori e studenti in un progetto comune: accompagnare i giovani nella scoperta di sé e del loro posto nel mondo, con quello sguardo amoroso e disinteressato che è la vera essenza dell’educare.
(© Centro Culturale Charles Péguy)